• HO PROIBITO A MIO PADRE DI CHIAMARMI FIGLIO


                                      NOTE DELL'AUTORE
  • La serie “Ho proibito a mio padre di chiamarmi figlio” ha avuto in origine un titolo diverso e più esplicito: Divieti deformanti. In un secondo momento ho creduto opportuno lasciare spazio all’osservatore di poter dare - a queste grandi facce tagliate da una scritta che opponeva loro un divieto - una interpretazione più personale.

    Credo si possa convenire sul concetto che il divieto sia, innanzitutto, una negazione.

    Di un comportamento, di un atteggiamento, sino ad arrivare a vietare un indole. Le più semplici sono negazioni a cui non ci si può opporre, poiché servono a mantenere vive, formule socialmente condivise. Vi sono però dei divieti subdoli - infatti non vengono definiti tali – che si infliggono senza dover alterare il tono di voce o minacciare punizioni e la cui ispirazione non è di carattere sociale, ma personale.

    Questi altri divieti nascono dal mondo interiore di chi vieta: sono delle affermazioni del Sé sull’Altro. Possono venire espressi anche senza una precisa consapevolezza e si imprimono, in chi li riceve, senza resistenze.

    Ho vietato a mio figlio di credere in se stesso è l’esempio estremo di una manipolazione dell’altro che giunge al suo annichilimento. In questo caso la sola libertà concessa è quella di reiterare il genitore o di incarnarne i desideri e la vera censura, radicale, è quella di identificare se stessi. I forbade my son to try to understand me, Meae filiae vetui veritatem dicere, Ho vietato a mia figlia di nominare dio, He proibido a mi hija mirarme a los ojos, Ho vietato a mio figlio di venire al mondo, sono le altre formule di divieto che compongono la serie “Ho proibito a mio padre di chiamarmi figlio” .

    Nella parte scritta di questo lavoro mi sono riferito ad entrambi i sessi e ho usato diverse lingue per dare al tema della costrizione un sentimento universalistico. Con la stessa intenzione, i ritratti fotografici sono stati rielaborati al computer secondo uno stile pittorico per ognuno diverso e tutti fanno riferimento a differenti scuole di stile e pensiero della modernità. Ritratti di genere quindi : alla Mondrian, alla Bacon, ma anche pointillisme, ritratti cubisti, naturalisti, neoclassici.

    Questa serie ha avuto un’unica edizione nel 1996, composta da 6 lavori , presentati alla XII Quadriennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni.