• CARA MAMMA STIAMO TUTTI BENE, CARO BABBO SIAMO TUTTI MORTI

    NOTE DELL'AUTORE

  • “Cara Mamma stiamo tutti bene, Caro Babbo siamo tutti morti” è la parte maschile di una riflessione sull’iconografia sociale dei ruoli sessuali, che iniziai nel 1993 con la serie “Donne”.

    In entrambi i casi gli scatti fotografici non sono miei e provengono dalla metà degli anni ’50 -l’immediato secondo dopoguerra - periodo di confine in Occidente tra i residui dell’antico e gli albori del moderno, soprattutto per quanto concerne la retorica della raffigurazione dei sessi.

    Sino allora i nostri Eroi erano tali perché cacciatori, guerrieri, conquistatori.
    Perché - audaci e coraggiosi - erano capaci di difendere la propria vita, la propria terra, la propria famiglia e capaci di attaccare terre, famiglie, vite altrui, sino alla loro sottomissione o morte.

    Già dal titolo “cara mamma stiamo tutti bene, caro babbo siamo tutti morti” evoco una precisa differenza di genere: alle madri –al femminile – si nasconde, si nega, l’incontrovertibile dolore di una guerra che, viceversa, si può (si deve) comunicare ai padri. Perché le guerre sono dei padri, che ne devono saper sopportare i risultati e che educheranno altri maschi – i propri figli – a nuove battaglie.

    Nel nascondere alla femmina la propria paura o il proprio dolore, il maschio evita di rivelare un suo lato sensibile, femmineo, che ridurrebbe la distanza tra i sessi. Diversamente, nell’informare l’altro maschio – frutto, complice e vittima della medesima cultura- si tralascia la richiesta empatica di soccorso, per sintetizzare il vissuto in uno dei tanti “bollettini di guerra” della storia umana.

    Le fotografie che danno origine al lavoro finito, sono di Spencer Records un militare americano che venne in Europa per liberarla dal nazismo e in Italia dal fascismo. Tornò a Seattle, dall’altra parte dell'altro Oceano, portando con sé –per souvenir o per amore- mia nonna Rosa. Certamente anche lui, anche loro, si lasciarono alle spalle dei feriti. Per certo due bambini a cui ruppero il cuore lasciandoli in Italia e che, alcuni anni dopo, divennero rispettivamente mia madre e mio zio. Ai quali devo, tra l’altro, il ritrovamento di questo “war book” che è il punto di partenza di questa serie.

    Se il mio intervento sulle immagini delle pornosuffragette che compongono “Donne” è ricco di colori, aggettivi, significati , che ricalcano i molti richiami di cui orniamo il lato femminile delle nostre società, lo stile scelto per questi militari è di natura sintetica. Gli interventi sono minimi e i colori ridotti a due : il rosso e il nero. Prende quindi maggior rilievo la tecnica di intervento, questo accartocciamento che deforma le immagini lasciandole sgualcite, sospese in un dubbio esistenziale su quale sia la loro destinazione finale: in bilico tra un rifiuto subito ed un recupero agognato.

    Questa serie ha avuto sin’ora due edizioni: nel 2000 e nel 2003 in concomitanza di due personali:
    Galleria Lo spazio di Cristina Melotti, New York 2000
    Galleria San Carlo di Giancarlo De Magistris, Milano, 2003