• cieli di bosco

  • Uno sguardo verso l'alto – o al contrario, uno sguardo dall' alto – ha questa stranezza: non c'è più né alto né basso. Se pensi a un tappeto: non c'è alto o basso (sopra e sotto), e non esiste un unico punto di vista. Lo sguardo dalla terra attraverso una calotta di foglie ci toglie equilibrio: ci gira la testa. Ma forse siamo distesi per terra e così è più facile, se non ci sono formiche. Il luogo è fresco e silenzioso. i rami si muovono con leggerezza. Se guardiamo al suolo della foresta, è cosparso di immagini tonde del sole, causate dagli spazi vuoti tra le foglie sugli alberi. La calotta è una lente e un velo. Siamo invisibili ai satelliti che ci passano sopra, e agli uccelli in volo. Per loro siamo avvolti nell'ombra, ma per noi, sotto il pergolato, la lieve luce della penombra fa vibrare i verdi e i rossi e i toni terra. Sentiamo il volume dello spazio sotto gli alberi; piccole creature svolazzano dentro e fuori del nostro spazio visivo. I suoni intimi della foresta e il ronzio di un lontano aereoplano rafforzano il nostro senso di isolamento. Perdiamo la nostra abilità a giudicare il passaggio del tempo. Quando guardiamo di nuovo su verso il sole siamo confusi dal violento contrasto fra luce e buio. Piuttosto che essere illuminate, le foglie ci si rivelano in negativo, sono delle silhouettes in controluce illuminate da dietro, per sottrazione di luce. La foresta è una riserva di umidità; senza di lei ci sarebbe il deserto. Le foglie viventi in alto inalano l'ossido di carbonio che esalano le foglie cadute in basso. La tranquillità della foresta è solo un'illusione, perché niente è statico e tutta la nostra esperienza dipende dalla tensione tra opposti: luce e buio e poi freddo e caldo, il piccolo e il gigantesco, il vivo e il putrescente. L’universo in cui siamo sospesi è il prodotto di queste miriadi di contraddizioni.

    Con il semplice stratagemma di girare la macchina fotografica verso il cielo, Luigi Billi ci invita ad accogliere un archetipo che è ancora più profondo di questo specifico esempio mediterraneo. L'esperienza che ricordiamo è viscerale e sensoriale a tanti livelli, oltre a quello visivo.

    Poi, ritoccando, spiegazzando e ricoprendo le fotografie – rendendo il medium più artificiale e più fisico – Billi sottolinea paradossalmente l'aspetto naturale e metafisico delle sue meditazioni. L’intervento forte esercitato sull'immagine 'inviolabile' è caratteristico della vena dissacrante e ribelle, presente nel lavoro di Billi fin dall'inizio della sua carriera. Dissacrante e ribelle, poetico e creativo, l’artista Billi è come quel viaggiatore che esplora lasciando dei segni, e così cattura la nostra curiosità e attenzione.